dal versetto 166 al 187 grazie

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  1. Parafrasi “La morte di Ettore”

    Achille veloce seguiva Ettore- senza riposo incalzando-

    come un cane insegue un cucciolo di cerva

    per valli e per gole dopo averlo fatto uscire dalla tana:

    e se quello s’appiatta smarrito sotto un cespuglio-

    corre pur sempre cercando le tracce finché lo trova-

    così non sfuggiva Ettore al piede rapido Achille.

    Quante volte pensava di balzare in avanti

    verso le porte di – verso le solide torri-

    Ettore cerca un aiuto dai suoi soldati-

    tante Achille gli si parava incontro e lo faceva voltare

    verso la pianura- volava lui sempre dritto alla fortezza.

    Come quando in un sogno uno non riesce a raggiungere un altro che sta fuggendo- questo non è in grado di sfuggire- quello non riesce a raggiungerlo-

    così non poteva correndo Achille afferrarlo- né l’altro salvarsi.

    E come Ettore avrebbe potuto sfuggire alla divinità della morte-

    se Apollo nn gli veniva vicino per l’ultima volta

    a dargli forza- coraggio e velocità.

    Intanto ai soldati il rapido Achille accennò di no-

    non voleva che le frecce che portavano la morte scagliassero ad Ettore-

    non gli rubasse qualcuno la gloria- colpendolo- e lui fosse secondo.

    Ma quando arrivarono la quarta volta alle fonti-

    allora Zeus- agganciò la bilancia d’oro-

    e vi pose le due chere di morte-

    quella d’Achille e quella d’Ettore domatore di cavalli-

    la tenne sospesa per il mezzo: d’Ettore precipitò il giorno della morte-

    e finì giù nell’Ade- l’abbandonò allora Apollo. […]

    E mentre parlava così- estrasse la spada-

    che gli pendeva da dietro al fianco- grande e pesante-

    e partì di scatto all’attacco-

    come un’aquila che piomba verso la pianura- attraversando le nuvole buie-

    per uccidere un giovane agnello o una lepre:

    in tal modo scattò Ettore- agitando la spada acuminata.

    Ma anche Achille scattò all’attacco- con il cuore selvaggio carico di collera:

    pose davanti a sé lo scudo bello- decorato- scuotendo la chioma lucente-

    che Efesto aveva creato fitta attorno al cimiero.

    Come la stella procede tra i vari astri durante la notte-

    Espero- l’astro più lucente del cielo.

    Così luceva la spada del glorioso Achille nella sua mano destra-

    riflettendo intensamente come poter uccidere Ettore-

    cercando con gli occhi un punto del suo corpo che fosse scoperto dall’armatura.

    Le armi bronzee ricoprivano tutto il corpo di Ettore- colui che uccise Patroclo-

    ma vi era una fessura dove le clavicole dividono le spalle

    dalla gola e dal collo- e quello è un punto di rapida morte.

    Qui Achille lo colpì- la punta dell’asta

    passò attraverso il morbido collo di Ettore-

    però non gli tagliò le corde vocali

    così che Ettore riuscisse a parlare.

    Achille si vantò: “Ettore- mentre spogliavi Patroclo

    delle sue armi credevi forse di poter sfuggire da me- che ti ero lontano!

    Ma io rimanevo suo difensore sulle navi.

    Ora cani e uccelli ti sbraneranno: ma lui seppelliranno gli Achei”.

    Senza più forze Ettore gli rispose:

    “Ti prego per la tua vita- per le ginocchia- per i tuoi genitori-

    non lasciare che venga sbranato dai cani degli Achei-

    ma accetta oro e bronzo senza fine-

    i doni che ti verranno dati da mio padre e dalla mia nobile madre:

    rendi il mio corpo alla mia patria- perché il mio corpo possa essere bruciato”.

    Ma guardandolo bieco- Achille disse:

    “No- cane- non mi pregare per nessun motivo-

    che la rabbia e il furore mi spingano

    a tagliuzzare le tue carni e a divorarle per quello che hai compiuto:

    nessuno allontanerà dal tue corpo le cagne-

    per nessun motivo- nemmeno se Priamo offrirà tanto oro quanto pesi.

    Così la tua nobile madre non potrà piangere sul tuo letto-

    perché così i cani e gli uccelli ti sbraneranno.

    Rispose così Ettore:

    “Va- ti conosco! Non potevo persuaderti perché tu hai il cuore di ferro-

    che non prova passione. Bada però che la mia morte non ti porti l’odio degli dei- quel giorno che Paride- guidato da Apollo- ti ucciderà-

    tu ancora coraggioso- sopra le porte Scee”.

    Mentre parlava morì Ettore: il suo spirito volò via e scese nell’Ade-

    rimpiangendo la giovinezza e il vigore.

    Rispose al cadavere Achille illustre:

    “A muori! Anch’io dovrò morire quando gli dei lo vorranno!”

    Disse e tolse al morto le armi insanguinate dopo aver strappato l’asta-

    accorsero gli altri ammirando la statua e la bellezza stupenda di Ettore-

    e nessuno si avvicinò senza martoriare e colpire il cadavere dell’eroe.

    E così diceva qualche infido volto al vicino:

    “ Davvero- è più morbida la carne d’Ettore-

    di quando appiccò fuoco alle nostre navi”. […]

    disse e meditò un’offesa contro Ettore glorioso:

    gli forò i tendini dietro ai due piedi

    dalla caviglia al calcagno- vi passo due cinture di cuoio-

    lo legò al cocchio- alte levando le nobili armi-

    frustò per andare: i cavalli desiderosi di correre volarono.

    E intorno al corpo trainati s’alzo la polvere: i capelli

    Neri si scompigliarono- tutto giaceva in mezzo alla polvere.

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